La Venere di Milo: simbolo incontrastato di fascino e bellezza del Louvre di Parigi

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La Venere di Milo è una delle sculture più famose della civiltà greca che incarna, per molti, l’essenza dell’eleganza e della sensualità femminile. La statua, in marmo, probabilmente risale al 130 a.C.

Poiché l’opera fonde diversi stili del periodo greco classico e la posa della dea ricorda le sculture di Prassitele -uno dei massimi esponenti dell’età classica del IV secolo (detto anche “secolo d’oro”)- per molto tempo la Venere di Milo fu erroneamente attribuita proprio a Prassitele. Questa convinzione fu smentita dall’iscrizione ritrovata sotto il basamento (che è andato anch’esso perduto) il quale attribuiva la statua ad Alessandro di Antiochia, scultore dell’età ellenista (323 a.C. – 31 a.C.).

La statua della Venere fu scoperta l’8 aprile del 1820 nell’isola greca di Milos (in italiano vuol dire “mela”) da un contadino, tale Yorgos Kentrotas, che stava cercando pietre per la propria casa. La Venere fu ritrovata a tappe: prima il busto, poi le gambe coperte dal drappo e, infine, un elemento più piccolo che ha consentito di unire il busto alle gambe.

Dopo alcuni interventi di restauro, la statua fu portata al Louvre, nel 1821, dove si trova tuttora. Il motivo? Fu acquistata dai francesi direttamente dal contadino, anche se esistono diverse versioni a riguardo. Mentre alcuni pensano che il contadino stesse scavando alla ricerca di pietre e avesse casualmente trovato i resti della statua, altri sostengono che il ritrovamento della statua fosse avvenuto in presenza di due militari francesi per i quali il contadino stava scavando, in cerca di resti da portare in patria come trofei (l’area in questione, infatti, si trovava a ridosso di un antico anfiteatro greco).

La spiegazione più verosimile è che Kentrotas, fiutato l’affare, nascose la statua che fu però sequestrata da alcuni ufficiali turchi. L’ufficiale della marina Olivier Voutier, l’ammiraglio ed esploratore Jules Dumont d’Urville e il Marchese di Rivière, ambasciatore francese presso Costantinopoli, riuscirono ad acquistarla. La Francia, infatti, durante la restaurazione del potere monarchico dopo la sconfitta di Napoleone, aveva tutto l’interesse a ricostruire un’immagine di grandezza, anche attraverso l’arte: il nuovo sovrano, Luigi XVIII, si diede da fare per propagandare la Venere di Milo, dato che nel 1815 la Francia fu costretta a restituire agli italiani la Venere de’ Medici, trafugata da Napoleone.

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Ovvio che il successo della statua è dovuto principalmente alla sua bellezza. Per quanto priva di molte parti, per quanto incompleta, si tratta di una grande e inestimabile opera d’arte. Come si può vedere, le braccia non sono l’unica cosa che manca. Anzi, quando fu ritrovata, mancavano il naso (poi ricostruito) e il piede sinistro, mentre sugli avambracci e sul collo c’erano segni evidenti di ornamenti metallici (oro e argento?), probabilmente gioielli andati anch’essi perduti (dovrebbe trattarsi di bracciale, orecchini e fascia per la testa).

Secondo alcuni studi, la mano sinistra, protesa in avanti, reggeva una mela d’oro (ricorda un episodio dell’Iliade che vede Paride come protagonista), mentre il braccio destro si piegava davanti al busto nudo e la mano sorreggeva il drappo che copre le gambe della dea.

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